Plusvalenze immobiliari: le regole fiscali 2025
Cos’è la plusvalenza
Quando si stipula un atto di compravendita immobiliare, le imposte gravano, in generale, sull’acquirente.
È l’acquirente che paga l’Imposta di Registro o l’IVA, così come altre imposte come quella ipotecaria o catastale, ma, attenzione: anche il venditore è colpito dalla tassazione, se si verificano determinate condizioni.
Le tasse sugli immobili, insomma, colpiscono anche il venditore quando il fisco ritiene che egli consegua un guadagno tassabile.
La plusvalenza è, in estrema sintesi, la differenza tra il prezzo di vendita di un immobile e il precedente costo di acquisto.
Se sono state sostenute spese incrementative documentate, queste possono essere sommate al prezzo di acquisto, riducendo la plusvalenza.
Facciamo un esempio: acquistiamo un immobile sostenendo un costo di 300.000 euro, sosteniamo spese di ristrutturazione documentate per 40.000 euro e rivendiamo l’immobile al prezzo di 400.000 euro.
La plusvalenza sarà pari a 400.000 – (300.000 + 40.000) = 60.000 euro.
Quando si applica
La tassazione delle plusvalenze immobiliari nel 2025 non è sempre prevista.
Dobbiamo distinguere prima di tutto tra le plusvalenze conseguite nell’esercizio di un’attività di impresa e le altre.
Plusvalenze conseguite nell’esercizio di un’attività di impresa
L’attività di impresa può essere riferita ad un’impresa individuale (la cosiddetta “ditta individuale”) oppure ad una società, di qualsiasi tipo.
Se la plusvalenza immobiliare è conseguita nell’esercizio di un’attività di impresa, essa è sempre considerata reddito di impresa e viene tassata in base alla forma giuridica.
Plusvalenze conseguite al di fuori dell’esercizio di un’attività di impresa
Se, invece, la plusvalenza immobiliare è conseguita da una persona fisica al di fuori dell’esercizio di un’attività di impresa, le disposizioni fiscali sono differenti.
In questo caso, infatti, dobbiamo ulteriormente distinguere tra:
- plusvalenze conseguite sulla vendita dell’abitazione principale (cosiddetta “prima casa”), e
- plusvalenze conseguite sulla vendita di altri immobili.
Plusvalenze sulla prima casa
Se la plusvalenza riguarda la “prima casa”, essa non è mai tassata.
Dobbiamo però fare attenzione, perché ci sono altre implicazioni fiscali, se non riacquistiamo un’abitazione principale entro un anno dalla vendita della prima casa.
Plusvalenze su immobili diversi dalla prima casa
Nel caso in cui la plusvalenza riguardi un immobile diverso dalla prima casa, invece, si devono distinguere ulteriormente due differenti casi:
- vendita avvenuta oltre 5 anni dall’acquisto: la plusvalenza è esente;
- vendita avvenuta entro 5 anni dall’acquisto: la plusvalenza è tassata con le aliquote indicate nel paragrafo successivo.
Aliquote 2025
Vediamo ora quanto incide la tassazione delle plusvalenze immobiliari 2025.
Plusvalenze conseguite nell’esercizio di un’attività di impresa
Le plusvalenze conseguite nell’esercizio di un’attività di impresa sono tassate secondo la forma giuridica.
Se si tratta di un’impresa individuale, si dovranno applicare le regole IRPEF con una tassazione progressiva per scaglioni di reddito (attualmente da 0 a 28 mila euro, da 28 mila euro a 50 mila euro e oltre 50 mila euro).
Ogni scaglione prevede un’aliquota rispettivamente del 23%, 35% e 43%.
Le società di persone (ad esempio SNC, SAS) sono tassate con IRAP, che prevede un’aliquota base del 3,9% ma può aumentare in base alla natura dell’attività svolta e alla Regione in cui la società ha la propria sede.
Le plusvalenze, quindi, sono tassate con IRAP in base alle regole che stabiliscono la composizione del valore della produzione imponibile.
I soci delle società di persone, inoltre, dovranno pagare IRPEF, ciascuno per la propria quota di reddito della società, in base ai propri scaglioni e alle agevolazioni fiscali di cui possono beneficiare, come oneri deducibili o detraibili.
Le società di capitali (ad esempio SRL, SPA) sono tassate con IRAP, come le società di persone, e con IRES che è un’imposta proporzionale con aliquota base del 24%.
Inoltre, se il reddito viene distribuito del tutto o in parte ai soci, sulla parte distribuita la società trattiene un’ulteriore imposta sostitutiva del 26%.
Tuttavia, è possibile optare per la “trasparenza fiscale”: si tratta, in pratica, di una scelta che assimila la tassazione delle società di capitali a quella delle società di persone.
L’opzione della trasparenza fiscale, però, è possibile solo se i soci sono tutte persone fisiche e non sono più di dieci.
Se si esercita questa opzione, la società non paga IRES e i soci pagano l’IRPEF sulla quota di reddito della società, ma attenzione: l’IRPEF è dovuta anche se gli utili non sono distribuiti.
Ogni caso, quindi, va valutato singolarmente sulla base della situazione personale dei soci.
Plusvalenze conseguite al di fuori dell’esercizio di un’attività di impresa
Diversa è la tassazione nel caso di plusvalenze immobiliari conseguite da una persona fisica al di fuori di un’attività di impresa.
La plusvalenza conseguita con la vendita della “prima casa” è sempre esente.
Sugli altri immobili, invece, la plusvalenza è esente solo se la vendita è avvenuta oltre 5 anni dopo l’acquisto.
Se la vendita è avvenuta entro i 5 anni dall’acquisto, è possibile scegliere tra due possibilità:
- richiedere al Notaio la tassazione con imposta sostitutiva del 26%;
- assoggettare la plusvalenza alla tassazione IRPEF ordinaria.
Non è possibile, a priori, stabilire se è conveniente la prima o la seconda possibilità.
Per decidere se optare per l’imposta sostitutiva del 26%, è importante valutare la nostra posizione fiscale.
Se non abbiamo altri redditi imponibili ai fini IRPEF, oppure se la plusvalenza non ci fa superare il primo scaglione, la tassazione al 26% non ci converrà, perché l’aliquota minima IRPEF è più bassa.
Ma anche se abbiamo un’aliquota più alta (del 35% o del 43%), non possiamo stabilire quale tassazione ci convenga se non abbiamo un quadro chiaro delle agevolazioni che possiamo sfruttare.
Esistono, infatti, numerose fattispecie di oneri deducibili (come contributi previdenziali, spese sanitarie per persone con disabilità, somme pagate per la previdenza complementare) che possono abbassare il nostro imponibile ai fini IRPEF ma non ai fini dell’imposta sostitutiva del 26%.
Dobbiamo inoltre considerare le numerose spese detraibili (come interessi su mutui, altre spese sanitarie, tasse scolastiche, ristrutturazioni) che possono ulteriormente abbassare la nostra IRPEF netta.
Non possiamo, insomma, stabilire che cosa ci conviene se non dopo aver valutato con attenzione la nostra posizione con l’assistenza del nostro fiscalista di fiducia.
Eccezioni e casi particolari
Abbiamo detto che la plusvalenza sulla “prima casa” non è mai tassata.
Ma, attenzione: se abbiamo venduto la nostra abitazione principale prima che siano trascorsi 5 anni dall’acquisto, si perdono i benefici fiscali per l’acquisto della prima casa.
Si deve, cioè, restituire il vantaggio fiscale conseguito per l’imposta di Registro (se avevamo acquistato da un privato) o per l’IVA (se avevamo acquistato da un’impresa).
Inoltre, è prevista una sanzione pari al 25% del vantaggio indebitamente goduto.
Se, tuttavia, acquistiamo entro un anno dalla vendita un altro immobile da adibire ad abitazione principale, non è prevista la perdita dei vantaggi fiscali.
In tal caso, dobbiamo adibirlo ad abitazione principale entro 18 mesi, salvo impossibilità oggettiva.
Un’altra importante eccezione riguarda la vendita di immobili ricevuti per via ereditaria: in questo caso le plusvalenze immobiliari sono esenti indipendentemente dal tempo trascorso tra successione e vendita.
Infine, va osservato che le minusvalenze immobiliari, cioè le differenze negative tra prezzo di vendita e costo di acquisto, non sono deducibili per le persone fisiche.
